shin’ichi
abe

Shin’ichi Abe(Tagawa, 1950) Le sue prime pubblicazioni sul giornale della scuola sono influenzate dalle opere degli scrittori Yojiro Ishizaka, Noriyuki Kajiyama e del mangaka Shinji Nagashima. In particolare quest’ultimo diventa il suo idolo e nel 1968, all’età di 17 anni, scappa ad Asagaya per incontrarlo. Nagashima gli consiglia di tornare finiti gli studi e così sarà. In questo periodo la vita di Abe prende una direzione pressoché definitiva: matura la convinzione di diventare mangaka e incontra la sua futura compagna e musa Miyoko Hatanaka. Dopo alcune collaborazioni con le riviste Big comic e COM la svolta si compie nel 1970, quando pubblica il racconto “Un ragazzo gentile” per la leggendaria Garo. La rivista richiama attorno a sé un ambiente vivace e stimolante per il giovane Abe che ha modo di conoscere da vicino il lavoro di Seiichi Nagashima, Tadao Tsuge e soprattutto di Yoshiharu Tsuge. Quest’ultimo si rivela un’influenza fondamentale nel suo lavoro tanto che oggi Abe è considerato il principale erede di quello stile intimo, crudo e universale con cui l’autore de L’uomo senza talento ha rivoluzionato il mondo del fumetto dando vita al watakushi manga, “il fumetto dell’io”. Risale a questo periodo la decisione di trasferirsi a Tokyo insieme a Miyoko. Il rapporto tra i due si arricchisce dal punto di vista artistico, Abe ne fa sempre più spesso il personaggio principale di racconti e disegni. Nel 1971 pur continuando con Garo allarga le sue collaborazioni alla rivista Young Comic dove conosce gli autori Oji Suzuki e Masuzo Furukawa. I tre stringono un rapporto d’intensa amicizia e sintonia al punto da essere definiti “il trio”. A metà degli anni Settanta la sua salute mentale inizia a deteriorarsi, la sua fragilità è aggravata da una sempre più smodata abitudine a bere e Abe, in cerca di stabilità e senso, si rivolge alla congregazione religiosa di Shoho. Qui i suoi mentori criticano la degenerazione di alcuni dei suoi lavori, che definiscono inquietanti e pornografici (nel 1977, ad esempio, aveva disegnato per la rivista erotica Erotopia), e gli consigliano di abbandonare l’attività di mangaka e di fondare una famiglia. Abe torna alla sua città natale, diventa padre e lavora come impiegato amministrativo. È però continuamente combattuto tra il senso di colpa e il bisogno di disegnare. Lavora a diversi progetti che non conclude e il dilemma finisce per fiaccarne lo spirito. La sua produzione, inframezzata dai soggiorni in ospedale, è ormai caotica tanto nello stile quanto nella narrazione. Durante gli anni Novanta sono in molti a raggiungerlo nel sud per testimoniargli ammirazione e vicinanza, tra questi Katsuiki Nagai, il direttore di Garo, lo scrittore Mitsunari Oizumi e il suo vecchio amico Masuzo Furukawa. Abe torna allora alla scrittura e il suo romanzo, La Bibbia, è pubblicato a puntate su Garo nel 2000; successivamente il fumettista Takashi Nemoto lo assiste nella realizzazione di una serie di racconti che l’editore Seirin Kogeisha avrebbe pubblicato all’interno della rivista AX.

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Shin’ichi Abe(Tagawa, 1950) Le sue prime pubblicazioni sul giornale della scuola sono influenzate dalle opere degli scrittori Yojiro Ishizaka, Noriyuki Kajiyama e del mangaka Shinji Nagashima. In particolare quest’ultimo diventa il suo idolo e nel 1968, all’età di 17 anni, scappa ad Asagaya per incontrarlo. Nagashima gli consiglia di tornare finiti gli studi e così sarà. In questo periodo la vita di Abe prende una direzione pressoché definitiva: matura la convinzione di diventare mangaka e incontra la sua futura compagna e musa Miyoko Hatanaka. Dopo alcune collaborazioni con le riviste Big comic e COM la svolta si compie nel 1970, quando pubblica il racconto “Un ragazzo gentile” per la leggendaria Garo. La rivista richiama attorno a sé un ambiente vivace e stimolante per il giovane Abe che ha modo di conoscere da vicino il lavoro di Seiichi Nagashima, Tadao Tsuge e soprattutto di Yoshiharu Tsuge. Quest’ultimo si rivela un’influenza fondamentale nel suo lavoro tanto che oggi Abe è considerato il principale erede di quello stile intimo, crudo e universale con cui l’autore de L’uomo senza talento ha rivoluzionato il mondo del fumetto dando vita al watakushi manga, “il fumetto dell’io”. Risale a questo periodo la decisione di trasferirsi a Tokyo insieme a Miyoko. Il rapporto tra i due si arricchisce dal punto di vista artistico, Abe ne fa sempre più spesso il personaggio principale di racconti e disegni. Nel 1971 pur continuando con Garo allarga le sue collaborazioni alla rivista Young Comic dove conosce gli autori Oji Suzuki e Masuzo Furukawa. I tre stringono un rapporto d’intensa amicizia e sintonia al punto da essere definiti “il trio”. A metà degli anni Settanta la sua salute mentale inizia a deteriorarsi, la sua fragilità è aggravata da una sempre più smodata abitudine a bere e Abe, in cerca di stabilità e senso, si rivolge alla congregazione religiosa di Shoho. Qui i suoi mentori criticano la degenerazione di alcuni dei suoi lavori, che definiscono inquietanti e pornografici (nel 1977, ad esempio, aveva disegnato per la rivista erotica Erotopia), e gli consigliano di abbandonare l’attività di mangaka e di fondare una famiglia. Abe torna alla sua città natale, diventa padre e lavora come impiegato amministrativo. È però continuamente combattuto tra il senso di colpa e il bisogno di disegnare. Lavora a diversi progetti che non conclude e il dilemma finisce per fiaccarne lo spirito. La sua produzione, inframezzata dai soggiorni in ospedale, è ormai caotica tanto nello stile quanto nella narrazione. Durante gli anni Novanta sono in molti a raggiungerlo nel sud per testimoniargli ammirazione e vicinanza, tra questi Katsuiki Nagai, il direttore di Garo, lo scrittore Mitsunari Oizumi e il suo vecchio amico Masuzo Furukawa. Abe torna allora alla scrittura e il suo romanzo, La Bibbia, è pubblicato a puntate su Garo nel 2000; successivamente il fumettista Takashi Nemoto lo assiste nella realizzazione di una serie di racconti che l’editore Seirin Kogeisha avrebbe pubblicato all’interno della rivista AX.